viernes, 30 de junio de 2023

‘UNA CURA PER STRANI GIORNI’

Gabriel Carrasco Hurtado


Strani giorni pasa por ser uno de los grandes temas de la música ligera en la Europa del siglo XX; con música de Franco Battiato y letra de Manlio Sgalambro y Benedict Fenner, está incluido en el álbum L'imboscata.

La emboscada (Polygram, 1996) es el segundo álbum de Franco Battiato en colaboración con el filosofo Manlio Sgalambro. Franco, después de conocer a Manlio siempre indicó que nunca más se atrevería a escribir textos.

El disco, que es ciertamente filosófico y por supuesto extraño fue un éxito de ventas.

Esta valiosísima pieza musical está cantada a duo con Nicola Walker Smith, pero no a stricto sensu: la letra son diálogos diferentes, en distintos idiomas aunque complementarios.

Se podría decir que la armonía musical no entra en los cánones del género aunque sí en la tónica de Battiato; y, lo más complicado de la canción, el acompasamiento: Nicole y por supuesto Franco hacen un titánico trabajo en el compás. Este quimérico acompasar es muy difícil escribirlo en una partitura.

Strani giorni, una obra maestra del genio de Sicilia.

A propósito de todo esto Linda Altomonte publicó en 2008 un trabajo en la revista de la Associazione Spazio Interiore e Ambiente, ASIA, titulado “Franco Battiato: una cura per strani giorni”: 

“In quest’epoca in cui il pensiero umano si accontenta di frequentare i margini della vita, contando le briciole di banchetti filosofici consumati in passato, questioni irrisolte come il senso dell’esistenza, l’indagine della coscienza in prima persona, la ricerca di Dio rappresentano inevitabilmente una minaccia al sonnambulismo socio-culturale in cui langue la collettività occidentale; davanti a tale minaccia – quando la prendono in considerazione – le migliori menti del secolo allargano le braccia e la scienza propone pillole e/o modificazioni genetiche, mentre le giovani generazioni urlano una rabbia impotente, sempre più selvaggia e sempre meno consapevole della propria matrice iniziale.
E’ raro che qualcuno affronti pubblicamente le domande aperte sull’esistenza, col rischio, nel migliore dei casi, di passare anacronisticamente per esistenzialista (come se esistere fosse una corrente filosofica!); più unici che rari, quindi, gli artisti per cui queste domande rappresentano il fondamento di una ricerca costante, cosciente e duratura, anche a rischio di non incontrare il plauso della massa (dei critici o della gente comune).

Franco Battiato accetta la sfida da ormai più di quarant’anni: le vie dell’arte che egli percorre (immagini, parole, musica) si corteggiano a vicenda, s’incrociano, si dirigono verso il buco nero che inghiotte lentamente l’Occidente post-nichilista; Niente è come sembra, il terzo lungometraggio dell’artista siciliano, è un’altra delle sue frecce scoccate al centro del mistero dell’esistenza. Il vuoto [1], l’album uscito lo scorso febbraio, aveva già proposto tematiche decisamente in linea con il cammino interiore ed artistico dell’autore: una profonda ricerca esistenziale [2], ricerca che richiama talvolta esplicitamente linguaggio e sonorità buddhisti [3], accanto a una pungente osservazione del mondo attuale [4], ma anche momenti di delicata poesia, in cui l’attimo sembra sospeso, e musica e parole cavalcano ricordi o frammenti di fragili epifanie [5].

Una direzione chiaramente definita, dunque, che da sempre guida la sperimentazione di Battiato attraverso scelte sicuramente inusuali, talvolta decisamente lontane dai comuni gusti estetici, tanto che alcune composizioni risultano di difficile ascolto a orecchie per lo più tarate – volenti o nolenti – sui jingles della pubblicità, sul pigolare dei talk show, sui nastri ipnotici di lunghissime attese telefoniche e di triste shopping nei centri commerciali, su un generico brusio di fondo. Proprio in virtù del fatto che una ricerca non è una dimostrazione matematica, né tantomeno mira all’esattezza, lungo il suo percorso Battiato ha ricevuto critiche non sempre positive; certo, errare – nel duplice significato del termine – è ormai generalmente ritenuto un lusso (troppo sembra ci sia da fare, e troppo poco il tempo). Ma proprio questo è interessante: cosa e quanto, al di là i tutti i giudizi, l’arte continui a dire su ciascuno di noi, e quali siano gli assunti – anche inconsapevoli – della nostra vita e del nostro pensiero che essa scardina.

Fra le grandi assenze socio-culturali del nostro quotidiano, il sentimento del sacro è sicuramente fra le più silenziose – salvo rare eccezioni; pure, al contrario, nella musica di Battiato esso canta con potenza e bellezza d’altri tempi. E’ noto l’ispirarsi dell’artista siciliano a tradizioni mistiche che vanno dal Sufismo all’Induismo, dal Buddhismo al Proto-Cristianesimo: Shadow, light [6], per segnalare il caso più eclatante (un intero album dedicato alla vita spirituale, con anche una Messa arcaica e testi che per chi fa meditazione hanno il valore di vere e proprie indicazioni di pratica [7]), esce nel 1996, in un contesto culturale da cui il sacro – almeno in sede pubblica – è stato grattato via dagli scout del materialismo come un affresco preistorico [8]. Versi come “Degna è la vita di colui che è sveglio/ma ancor di più di chi diventa saggio/e alla Sua gioia poi si ricongiunge/sia Lode, Lode all'Inviolato” [9], o come “Un Oceano di Silenzio scorre lento/senza centro né principio/cosa avrei visto del mondo/senza questa luce che illumina/i miei pensieri neri” [10], o la commovente chiusa di Prospettiva Nevski [11], o ancora l’intero testo di Personalità empirica [12] sono, nel percorso di Battiato, solo alcune delle testimonianze di una vita interiore estremamente intensa e intrisa di una rispettosa gratitudine – altra voce ormai muta nella nostra epoca. Le sperimentazioni musicali seguono gli ampi percorsi del pensiero, immergendo l’ascoltatore nel vespro austero di un’antica cattedrale, nell’alba vivida di un muezzin, nell’afa pomeridiana di un sitar indiano, nella lievità dei suoni nipponici, nella delicatezza serotina di un canto persiano… In questo ritorno a significati arcaici, comprensibili solo a chi si conceda ad una mente profondamente radicata nel sentire, la lingua torna alla propria primordiale valenza di ‘suono’: Greco antico, Latino, Persiano, Francese, Inglese, Tedesco, dialetto siciliano, talvolta impressioni quasi onomatopeiche [13]… Effetti acustici che dicono, rimpatriano ad una semantica più saggia, che si serve della ragione, ma che non può e non vuole anestetizzare le viscere.

Ugualmente presenti, nei brani del nostro autore, affreschi impietosi della società contemporanea: vizi e schizofrenie d’Occidente, inizialmente ritratti non solo e non tanto al fine di puntare un dito accusatore su un modus vivendi che ha evidentemente dell’assurdo, ma narrati frequentemente ‘dall’interno’, in prima persona [14], anche se lo sguardo di Battiato su questa affannosa contemporaneità si fa via via sempre più distaccato, e la prima persona diventa un impersonale stupito, sconcertato, sdegnato [15]… Ma quali sono le peculiarità dell’inconscio collettivo dipinto da questo artista? Quali preconcetti muovono le nostre scelte, dirigendo le nostre vite?

Nel 1973 Battiato cantava: “Passa il tempo,/sembra che non cambi niente./Questa mia generazione/vuole nuovi valori/e ho già sentito/aria di rivoluzione./Ho già sentito/chi andrà alla fucilazione” [16]; e nel 1981: “siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro” [17]. Il Sessantotto si allontanava a velocità elevata, e per lo più ci si affannava a rientrare nei ranghi con una trivialità ansimante da freschi reduci di un rave colossale; in pochi versi, Battiato metteva a nudo il sostanziale mantenimento dello status quo, almeno dal punto di vista del pensiero comune. D’altra parte, i dilemmi etici sorti al cospetto di possibilità tecniche fantascientifiche, dilemmi protagonisti del Novecento e dell’inizio del Terzo Millennio, dimostrano che nel frattempo il pensiero collettivo non si è spostato granché dalle posizioni positiviste della prima metà dell’Ottocento; altre voci hanno parlato, ma sono state subito obliate, o messe a tacere. Così, se nel 1982 un verso diceva “L'evoluzione sociale non serve al popolo/se non è preceduta da un'evoluzione di pensiero” [18], ci troviamo ora, un quarto di secolo più tardi, stagnanti nella stessa staticità intellettuale, in un post-nichilismo che ha perso anche la coscienza della propria cieca indifferenza.

Ma si tratta davvero di indifferenza? Eppure a molti sono noti quei “malesseri speciali” di cui si parla in Un’altra vita, e comincia ad essere chiaro che “Non servono tranquillanti o terapie/[…]/Non servono più eccitanti o ideologie” [19]… Anche se in generale è vero che “il Re del Mondo/ci tiene prigioniero il Cuore”, se si ascolta la svogliatezza imbronciata dei giovani e dei giovanissimi occidentali si può sentire il loro ventre che urla: “il giorno della Fine/non ti servirà l'Inglese” [20]. Se negli anni Ottanta si cercava un Centro di gravità permanente [21], a questo nostro presente non è rimasta nemmeno la consapevolezza di essersi perso: resta solo un malessere diffuso, incapace di stupirsi di sé e quindi di interrogarsi su se stesso.

Battiato certe domande (se) le pone attraverso la sua musica, il suo cinema, i dipinti che sembrano affermare qualcosa di immobile e incomprensibile. Se nutrita da un pensiero non asservito alla superstizione scientista, l’arte può dare parole al sentire: non accontentandosi di evocarlo, può portarne alla luce i significati più profondi, e comunicarli. Tali significati pulsano in tutta la produzione artistica di Battiato, emergendo con maggiore vigore e precisione negli ultimi dischi: il filone è quello che per esprimersi trova negli anni Settanta parole come Ti sei mai chiesto che funzione hai? [22]; negli anni Ottanta è l’eco di questa domanda e la consapevolezza che “siamo niente /dei miseri ruscelli senza Fonte” [23] a muovere la ricerca di un centro di gravità permanente, mentre dieci anni più tardi il verso “e intanto passa ignaro/il vero senso della vita” [24] individua chiaramente il bandolo della matassa, che nel 2007, con Il vuoto, prende una forma ulteriormente definita: la mancanza di senso. “Vuoto di senso senso di vuoto/E persone quante tante persone un mare di gente nel vuoto” [25]: il tempo è “in affanno” proprio perché, se non lo fosse, se lo si svuotasse della grande quantità di contenuti sempre nuovi che solitamente lo riempiono, si rivelerebbe insensato. E in quell’insensatezza le viscere urlano: l’Angst heideggeriana, comunemente fraintesa e conseguentemente curata come ‘ansietà’, spoglia del sentimento del sacro, trova nel “senso di vuoto” una nuova definizione. Di cosa è vuota la temporalità? Cosa manca ad ogni minuto della nostra esistenza, di cosa difetta l’essere? Di un senso, appunto. Di una ragione, di un fine, di una causa, di un dio, di una risposta. Di un’identità: “Tu sei quello che tu vuoi ma non sai quello che tu sei” [26], ad un aumento esponenziale delle possibilità tecniche e materiali corrisponde la completa e profonda – ma sotterranea – ignoranza di se stessi. Sotterranea, perché essa stessa ormai sconosciuta ad una cultura che ha scordato la propria origine radicata nel dubbio, nell’osare di domande estreme dell’Uomo sulla propria stessa esistenza ed il fatto che tutto ciò è sacro.

Battiato canta la paura di un mondo, quello occidentale, dimentico che “è la stessa cosa che è viva e morta, che è desta e dormiente, che è giovane e vecchia […]” [27], un mondo che ritiene di non aver più bisogno di pensare per manovrare l’enorme macchina, potentissima, che è riuscito a costruire esclusivamente tramite il calcolo. Un mondo che ha perso l’antica sapienza del dialogo con le proprie emozioni alla ricerca di un significato più profondo, e che quindi non trova di meglio da fare che metterle brutalmente a tacere con la chimica (per poi stupirsi dell’ampio uso di droghe fra i suoi giovani). “Strani giorni, viviamo strani giorni” [28]: giorni in cui il varco al quale schiudono le atmosfere delicate di canzoni come Mal d’Africa [29], Un vecchio cameriere [30], Amata solitudine [31] sono vezzi di un momento che non ci si sognerebbe mai di indagare a fondo – magari in vista di quella Porta dello spavento supremo che “Bisognerà per forza/attraversare alla fine” [32]; non stupisce allora che problematiche come quelle descritte in Le aquile non volano a stormi [33] non siano chiare ai più, e talvolta infastidiscano. Come non stupisce, d’altro canto, che fin dagli anni Sessanta in Battiato il sintetizzatore si accompagni agli archi, che l’elettronica non comporti l’omissione della lirica come il rumore e il suono non escludono il silenzio: la sua musica dice che è necessario affondare le mani nell’humus che nutre le nostre radici per essere coscienti ed affrontare quel “mal d’Africa” che spesso prende i toni dell’angoscia. E non temere nulla, se non una vita incapace di obbedire ad un verso [34] che sembra un nuovo, bellissimo comandamento per le nuove generazioni: “lascia tutto e sèguiti”.

di Linda Altomonte
Centro Studi ASIA

Note:

[1] Universal, 2007.
[2] “To ask the mind to kill the mind is like making the thief/[…]/Discover the nature of mind... no matter how many planets/and stars are reflected in a lake no matter how many universes there are”, da The game is over; “Io sono. Io chi sono?”, da Io chi sono?.
[3] “Le comuni apparenze scompaiono/con l'esaurirsi di tutti i fenomeni/tutto è illusorio privo di sostanza/tutto è vacuità”, da Io chi sono?; “Niente è come sembra niente è come appare/perché niente è reale”, da Niente è come sembra; si ascolti anche The game is over. Le parole del Buddha, che costituiscono anche il titolo del lungometraggio di cui sopra, compaiono già in pezzi come Il cammino interminabile (Ferro battuto, Sony Music, 2001): “Se vuoi conoscere i tuoi pensieri di ieri osserva il tuo corpo oggi/Se vuoi sapere come sarai domani osserva i tuoi pensieri di oggi”.
[4] “Tempo non c'è tempo sempre più in affanno/inseguo il nostro tempo/[…]/Danni fisici psicologici collera e paura stress/sindrome da traffico ansia stati emotivi/primordiali malesseri pericoli imminenti/e ignoti disturbi sul sesso”, da Il vuoto.
[5] Si ascoltino Aspettando l’estate, Tiepido aprile, Stati di gioia.
[6] EMI Records, 1996.
[7] Cfr. per esempio Haiku e Ricerca sul terzo.
[8] In questo senso, il testo di Magic shop (L’era del cinghiale bianco, EMI, 1979) è un piccolo capolavoro: “… i Mantra e gli Hare Hare a mille lire/l'Esoterismo di René Guénon./Una Signora vende corpi astrali/i Budda vanno sopra i comodini/deduco da una frase del Vangelo/che è meglio un imbianchino di Le Corbusier./Eterna è tutta l'arte dei Musei /carine le Piramidi d'Egitto/un po' naifs i Lama tibetani/lucidi e geniali i giornalisti./Supermercati coi reparti sacri che vendono/gli incensi di Dior/rubriche aperte sui peli del Papa”.
[9] Da Lode all’inviolato (Caffé de la Paix, EMI Records, 1993).
[10] Da L’Oceano di silenzio (Fisiognomica, EMI Records, 1988).
[11] Patriots, EMI Records, 1980.
[12] Ferro battuto.
[13] Suggestivo e pieno di poesia, per fare solo un esempio, il riecheggiare del movimento delle onde e del grido dei gabbiani in Summer on a solitary beach nella sonorità dei versi del ritornello (“Mare mare mare voglio annegare/portami lontano a naufragare/via via via da queste sponde/portami lontano sulle onde”).
[14] Si ricordi Un’altra vita, o Gente in progresso, entrambe in Orizzonti perduti, EMI Records, 1983.
[15] Si ascoltino, per fare solo qualche esempio, La musica è stanca (Orizzonti perduti), Aria di rivoluzione (Sulle corde di Aries, Bla Bla / Ricordi, 1973), Bandiera bianca (La voce del padrone, EMI Records, 1981), Povera patria (Come un cammello in una grondaia, EMI Records, 1991), Strani giorni (L’imboscata, Polygram, 1996), fino alle più recenti Shock in my town (Gommalacca, Polygram, 1998), Ermeneutica (Dieci stratagemmi, Sony Music, 2004), Il vuoto.
[16] Da Aria di rivoluzione.
[17] Da Bandiera bianca.
[18] Da New frontiers (L’arca di Noè, EMI Records, 1982).
[19] Da Un’altra vita (Orizzonti perduti).
[20] Da Il re del mondo (L’era del cinghiale bianco).
[21] La voce del padrone.
[22] Pollution, Bla Bla / Ricordi, 1972.
[23] Da Fisiognomica (Fisiognomica, EMI Records, 1988).
[24] Da Di passaggio (L’imboscata).
[25] Da Il vuoto.
[26] Idem.
[27] Eraclito, Frammenti, 88. In L’imboscata il brano Di passaggio è introdotto dalla suggestiva voce di Manlio Sgalambro, che legge con intensità questo frammento in lingua greca.
[28] Da Strani giorni.
[29] Orizzonti perduti.
[30] L’ombrello e la macchina da cucire, EMI Records, 1995.
[31] L’imboscata.
[32] Da La porta dello spavento supremo (Dieci stratagemmi).
[33] Dieci stratagemmi.
[34] Da Il mantello e la spiga (Gommalacca).”




martes, 27 de junio de 2023

LA CONQUISTA DE LA ANTIGUA CORA DE YAYYAN Y LA CIUDAD SIN NOMBRE

Gabriel Carrasco Hurtado









En 1212 Castilla hace un boquete en Andalucía incursionando exitosamente por el puerto del Muradal: es el principio del fin del imperio almohade.

A partir de ahí van a ir cayendo los viejos iqlim de la antigua Cora de Yayyan.

Resta el territorio controlado por Muhámmad ibn Yúsuf ibn Nasr, fundador y primer rey de Granada, Arjona y su zona de influencia, la taifa de Arjona (terceras taifas).

Ibn al-Amar perderá Arjona y la ciudad sin nombre; y mediante el Pacto de Jaén (año 1246) será vasallo de Castilla en Granada.



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Fuente ilustraciones: Castillo de Santa Catalina de Jaén

viernes, 23 de junio de 2023

PASCUAMAYO 2023; DOCUMENTACIÓN



Anuario "PASCUAMAYO" 2023. Fuente: PORTAL SANTISTEBAN EU - Pedro Salido López



Anuario "Collado de Nuestra Señora" 2023. Fuente: Muy Antigua, Ilustre y Real Cofradía de la Santísima Virgen del Collado Coronada de Santisteban del Puerto



Cartel. Fuente: Ilmo. Ayuntamiento de Santisteban del Puerto


Cuadro de Miguel Ángel Mercado que sirve como base del cartel oficial

“El cartel representa al tamborilero de la Mayordomía en el Pórtico de Santa María ante la mirada, en un segundo plano, de la Virgen del Collado. En este cuadro quiero mostrar la felicidad de un niño protagonista de una gran historia que se renueva año tras año…/… En ese lugar tan mágico y en ese instante es cuando la Virgen del Collado le dice al pequeño Tamborilero que dé comienzo a la fiesta con el redoble de su tambor.” (Miguel Ángel Mercado)

 


Programa 2023. Fuente: Muy Antigua, Ilustre y Real Cofradía de la Santísima Virgen del Collado Coronada de Santisteban del Puerto


ANUNCIACION y ENCARNACIÓN DEL SEÑOR
(25 MARZO 2023)


CANDELARIA (FEBRERO 2023)


NTRA SRA DEL ROSARIO 7 OCTUBRE 2022


NATIVIDAD DE LA VIRGEN 8 SEP 2022


ASUNCIÓN DE NTRA SRA 15 AGOSTO 2022


PROCESIÓN SUBIDA A STA MARÍA Y
TOMA DEL CUADRO. 6 JUNIO 2022.


TRASLADO DE LA STMA. VIRGEN DEL
COLLADO A SU ERMITA DEL EJIDO (4 JUNIO 2022)

Videos de la  Muy Antigua, Ilustre y Real Cofradía de la Santísima Virgen del Collado Coronada de Santisteban del Puerto realizados por Juan Miguel Gasón Álamo y Carmen Gallego Gómez


lunes, 12 de junio de 2023

EL SABIOTEÑO JOSÉ COBO CANO, NUEVO ARZOBISPO DE MADRID

 

Monseñor Cobo Cano con la Virgen de la Estrella, patrona de Sabiote y de Las Navas de San Juan, Jaén. Iglesia de Santa María y Convento de Carmelitas Descalzas de Sabiote

La Santa Sede ha informado este 12 de junio del nombramiento de José Cobo Cano (Sabiote, 1965) como nuevo Arzobispo de Madrid.

Cobo Cano es en la actualidad Obispo Auxiliar de Madrid y titular de Beatia-Baeza.

La ceremonia de inicio del ministerio, del ya Arzobispo de Madrid, tendrá lugar el próximo 8 de julio en la Catedral Metropolitana de Santa María la Real de la Almudena de Madrid.

Madrid es una diócesis nueva entre el histórico arzobispado de Toledo y el obispado de Alcalá de Henares - en 1885 es segregada de Toledo y en 1964 se eleva a archidiócesis- y pasa por ser una de las diócesis más importantes de Europa.

En este mismo 12 de junio, pero hace justo 500 años, fue nombrado otro giennense, obispo de Jaén; se trata de una de las más grandes personalidades de la historia del reino de Jaén, Esteban Gabriel Merino (Santisteban del Puerto, 1472?).

> > > LA VIRGEN DE LA ESTRELLA DE LAS NAVAS EN EL SELLO EPISCOPAL DEL NUEVO OBISPO DE MADRID


sábado, 10 de junio de 2023

"LA UTILIDAD DE LO INÚTIL" NUCCIO ORDINE, IN MEMORIAM


Conferencia “La utilidad de lo inútil” del escritor y filósofo Nuccio Ordine (BBVA APRENDEMOS JUNTOS)

Ordine comienza su lección magistral con dos citas: un fragmento de Ítaca, de Cavafis, y otro del prólogo de Aurora de Friedrich Nietzsche.

Mantén siempre a Ítaca en tu mente.
Llegar allí es tu destino.
Pero no tengas la menor prisa en tu viaje.
Es mejor que dure muchos años
y que viejo al fin arribes a la isla,
rico por todas las ganancias de tu viaje,
sin esperar que Ítaca te va a ofrecer riquezas.
Ítaca te ha dado un viaje hermoso.
Sin ella no te habrías puesto en marcha.
Pero no tiene ya más que ofrecerte.
Aunque la encuentres pobre, Ítaca de ti no se ha burlado.
Convertido en tan sabio, y con tanta experiencia,
ya habrás comprendido el significado de las Ítacas.

Konstantinos Petrou Kavafis 1911

[ C. P. Cavafis: Poemas. Traducción y prólogo de Ramón Irigoyen. Seix y Barral, Barcelona, 1994 ]

Friedrich Nietzsche, “Aurora” (PROLOGO, 4.-)



“EL ESTADO CASTELLANO DE SANTISTEBAN DEL PUERTO (1750)” DEL PROFESOR AURELIO CEBRÍAN ABELLÁN

 



jueves, 1 de junio de 2023

Botticelli Portrait Painter | Marullo Adventurer Poet

 


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TRINITY FINE ART - Carl Brandon Strehlke - Catalogue edited by Ferdinando Corberi

HERNÁN CORTÉS DE MONROY Y PIZARRO ALTAMIRANO, FUNDADOR DE NUEVA ESPAÑA

 

Hernán Cortés - Un hombre entre Dios y el diablo’, documental dirigido por Fernando González Sitges; año 2016.

Producido por el canal de televisión de la Universidad Nacional Autónoma de México, la Fundación UNAM, la Fundación Miguel Alemán, SPR y el Canal 44


Conferencia del profesor Carlos Martínez Shaw titulada ‘La verdadera historia de Hernán Cortés’ dentro del ciclo "Exploradores, conquistadores, viajeros" en la Fundación Juan March; año 2015